03.02.2016
Sono certa, sapendo quanto era intelligente e vivace, che la signora Chiari non ci avrebbe risparmiato la battuta sul fatto di comparire su una foto di quasi quarant’anni fa, per di più riportata sopra la torta dei nostri cinquant’anni, su un servizio come Whatsapp, segno dell’evoluzione dei tempi.
Il gruppo “Cena delle medie” è stato creato in quanto dalla fine della scuola media ogni anno, in marzo, ci ritroviamo per una cena di classe e sempre con una gran voglia di vederci.
Eravamo una classe molto numerosa delle Orsoline presso il Seminario minore, circa trentacinque ragazzi, maschi e femmine, già all’epoca inevitabilmente diversi tra loro, che poi da adulti hanno avuto i più disparati percorsi. Eppure una sorta di filo conduttore comune ci accompagna ed è il fondamento della nostra autentica, rara amicizia: l’impronta, decisiva per la nostra formazione, che la signora Chiari ha impresso in noi negli anni dell’adolescenza. In questi giorni su quel gruppo è uno scambio continuo, più che di ricordi, di pensieri rivolti a lei.
La Chiari era un’insegnante severa ed esigente, per la quale avevamo molto rispetto e soggezione. Ci ha insegnato con rigore la grammatica e la sintassi, tenendo anche corsi facoltativi di latino nel pomeriggio; in letteratura sapeva trasmettere la passione, che coltivava personalmente, per gli autori e, qualità fondamentale per noi adolescenti, era in grado di adattare le tematiche alla vita e agli interrogativi di noi ragazzi.
Abbiamo avuto il privilegio di essere avviati al gusto per la poesia anche attraverso i versi che lei stessa scriveva: abbiamo così potuto condividere la sua profonda sensibilità, orientata spesso al ricordo del passato che, come diceva sempre, “tinge di rosa” tutte le cose, oppure alle emozioni, alla bellezza della natura, al significato dell’esistenza.
Tutte le sue poesie esprimevano una fede profonda che era motivo ispiratore, oltre che dei versi, del suo ruolo di insegnante e di donna dedita alla vita familiare. Sotto quest’ultimo profilo, ricordo che ci parlava della cura nel tenere in ordine la casa, in particolare il sabato mattina, suo giorno libero, quando sistemava i fiori, dell’amore per i figli soprattutto per il più giovane che sentiva molto simile a sé, Gabriele, del quale ci leggeva con orgoglio i primi articoli come esempio di stile giornalistico.
Le sue lezioni molto impegnative erano pur sempre alleggerite dalla vivacità di carattere e dalla prontezza delle battute nonché da considerazioni riguardanti i rapporti personali con noi alunni, rapporti nei quali l’autorevolezza le consentiva di essere molto diretta e “dire le cose in faccia”: da un lato non mancava di elogiare le nostre qualità e i nostri successi, dall’altro di rimproverare senza riserve i nostri errori e le condotte inadeguate.
Ciò che più mi colpiva era, pur in una classe così numerosa, l’attenzione per ogni singolo alunno: la sua sensibilità le consentiva di penetrare le persone e di fare emergere da ciascuno il meglio. Sono convinta che sia stata proprio tale valorizzazione delle diversità a creare le basi di un’amicizia spontanea che dura nel tempo.
Noi ragazzi sentivamo che la Chiari ci voleva veramente bene e che ci guidava alla vita da adulti, perciò sapevamo di poter contare su di lei per affrontare le incertezze tipiche dell’età.
Terminata la scuola media, alcuni hanno interrotto gli studi, eppure riconoscono ancora oggi che la Chiari ha dato loro una cultura; chi invece ha proseguito ha sperimentato personalmente la qualità e l’importanza dei suoi insegnamenti.
Quando ci ritroviamo ogni anno per la cena di classe mi colpisce il fatto che una nostra compagna porta sempre con sé nel portafogli la poesia che la Chiari scrisse per noi, come saluto, alla fine della terza media: ci consegnava alla vita “che vi afferra e vi porta via da me”, ma ci assicurava che il suo cuore sarebbe rimasto sempre con noi: così è stato e così sarà, ora davvero per sempre. Maria Sole Casari
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